E’ ora di una legge sul salario minimo anche in Italia

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L’intesa raggiunta a Strasburgo sul salario minimo è un fatto importante, che deve spronare l’Italia ad adottare una legge sul salario minimo entro la legislatura. Il Movimento 5 Stelle lo dice dal 2013. Sono passati 9 anni da quando abbiamo presentato la prima proposta di legge sul salario minimo. Ora serve uno scatto in avanti. In commissione Lavoro al Senato è stato avviato da tempo l’iter per l’approvazione di una legge sul salario minimo. Il ddl del M5S, a prima firma della senatrice Nunzia Catalfo, è stato assunto, infatti, a testo di riferimento e stiamo aspettando i pareri del ministero del Lavoro e del Mef.

La nostra proposta è chiara:
noi diciamo che la retribuzione complessiva, il cosiddetto Trattamento Economico Complessivo, non può essere inferiore a quella definito dai contratti collettivi sottoscritti dai sindacati e datori di lavoro comparativamente più rappresentativi in ciascun settore. Anche per la retribuzione minima, il Trattamento Economico Minimo, non può essere al di sotto del contratto collettivo prevalente, ma se la retribuzione minima è troppo bassa come ad esempio i 4,60 lordi all’ora del contratto collettivo dei servizi fiduciari, in quel caso interviene una soglia di dignità che noi abbiamo identificato in 9 euro lordi all’ora.

In buona sostanza, se il ddl del M5S venisse approvato e il salario minimo fosse introdotto per legge quello che accadrebbe in Italia sarebbe semplicemente questo: a fissare i minimi salariali orari continuerebbero ad essere sempre i contratti collettivi, ma nel caso in cui la paga oraria indicata fosse più bassa della soglia minima di 9 euro lordi – come indicato nella nostra proposta di legge – allora e solo allora entrerebbe in gioco il salario minimo, e dunque verrebbe applicata la retribuzione minima di 9 euro lordi l’ora, stabilita per legge.

Il ddl del Movimento 5 Stelle definisce una soglia minima di dignità salariale al di sotto della quale non scendere, rafforza la contrattazione collettiva, stabilendo i criteri per individuare i cosiddetti contratti leader, cioè quelli siglati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, contrasta il dumping salariale e la concorrenza sleale e prevede la detassazione degli aumenti dei rinnovi contrattuali.

Se nel nostro Paese vivono 5 milioni di lavoratori poveri è un problema che riguarda tutti. I bassi salari incidono sul potere d’acquisto delle famiglie, limitano i consumi, hanno un impatto sulla domanda interna di beni e servizi, dunque sui consumi, ma anche sulla produzione, con effetti negativi per le imprese e più in generale per la nostra economia.

Approvare una legge sul salario minimo significa restituire dignità a milioni di lavoratori giovani e meno giovani e contribuire alla ripartenza del Paese.

 

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